giovedì 8 gennaio 2015

Napul'è

In queste ore, travolti dalla tragedia dell'attentato al giornale satirico francese Charlie Hebdo, gli oceanici funerali napoletani di Pino Daniele sono in qualche modo passati in sordina.



Quasi in carattere con lo straordinario musicista, che non amava i pettegolezzi e manteneva, al di fuori del palco, un atteggiamento schivo e riservato, essi sono scomparsi dai media, o declassati a citazione o trafiletto di quarta.

Un vero peccato, da un certo punto di vista, perché i funerali di Pino Daniele sono stati l'espressione dell'antioleografia napoletana, contrari alla rappresentazione della città tanto amata da molti giornalisti e media mainstream. Napoli si è stretta attorno al proprio illustre figlio in silenzio, riunendo per due giorni consecutivi oltre centomila persone in Piazza del Plebiscito e nelle vie limitrofe. Chi ci è stato, può testimoniare la grandissima emozione di una folla composta, le lacrime sincere e silenziose, gli applausi e le canzoni sussurrate appena. Chi non c'è stato, può farsene un'idea attraverso il filmato pubblicato da Il Fatto Quotidiano TV, che riporto sotto:


Alla vista di questa folla ordinata, composta, emozionata, del dolore semplice e sentito, risuonano ancora più fuori posto e, quelle sì, sguaiate, le parole scritte da Michele Serra di Repubblica solo ieri, sulla sua rubrica "L'Amaca". Le riporto integralmente, riprendendole dal sito Napoli Today:

"Nessuno saprà mai se la decisione di celebrare i funerali di Pino Daniele prima a Roma e poi a Napoli (e solo dopo, diciamo così, le pressioni popolari) rispecchi veramente la sua volontà. Comunque sia, colpisce il piccolo incidente diplomatico post mortem tra un napoletano compassato e silenzioso (silenzioso e musicista: l’ossimoro è solo apparente) e la sua meravigliosa, difficile città. Senza la quale la musica di Daniele sarebbe stata impensabile; ma dentro la quale ribollono umori e atteggiamenti in grado di triturare, ingoiare e infine digerire qualunque differenza e qualunque distanza, e figurarsi la delicata, ammirevole misura che aveva quel bluesman pallido, dalla voce danzante e femminea. Serbiamo ancora memoria — purtroppo — dei funerali del povero Mario Merola, una bolgia atroce, sguaiata, che pareva confezionata dagli odiatori di Napoli con un perfido montaggio dei luoghi comuni che la imprigionano. L’augurio di chi ama Napoli è che la difficile gestione dei funerali di Pino Daniele, quali siano le ragioni che l’hanno motivata, serva a ragionare un poco su certe sregolatezze emotive, i decibel di troppo, le lacrime in eccesso. Pino era napoletano fino al midollo e il suo sostanziale e ricercato esilio, in vita come in morte, è l’ultimo regalo fatto a Napoli. Non un’offesa, un dono. Un invito al silenzio, quel silenzio che ai funerali — non solo a Napoli — non esiste più."

Mi sento di dire, dopo aver assistito per due giorni al pacato cordoglio dei miei concittadini, che le "sregolatezze emotive, i decibel di troppo, le lacrime in eccesso" appartengono solo all'immagine che il sig. Serra ha nella sua mente, e con lui tanti che magari neanche hanno posato mai il piede a Napoli. E' un'immagine che fa comodo, che alletta, che fa spettacolo, che fa campare quanti su essa fondano le proprie fortune di pennivendoli e blateratori dell'etere. 

Dato che personalmente penso che il sig. Serra sia un valido giornalista, non appartenente ad alcuna delle due categorie di cui sopra, avrei apprezzato una diversa misura nell'esprimersi, ad evitare di farsi attribuire l'etichetta di colui che scrive per luoghi comuni, per partito preso, senza sensibilità per il momento, conoscenza dei luoghi o delle persone o decenza personale. Di questi ce ne sono fin troppi, e mi sarei augurato che il sig. Serra avesse voluto mantenerne le distanze.


Comunque, capita a tutti uno scivolone, e gli uomini veri si riconoscono a mio parere nel momento dell'errore, nell'attimo in cui l'evidenza mostra quanto un'opinione espressa sia lontana dalla realtà. Sarebbe quindi secondo me opportuno che il sig. Serra si scusasse con i napoletani. Sarebbe un bel gesto, apprezzato ed apprezzabile.


Comunque, anche se tale gesto non arrivasse, e personalmente non mi aspetto che arrivi, poco importa. 


L'evidenza ha mostrato che al di là delle rappresentazioni, al di là dei pochi delinquenti che ne rovinano l'immagine, e al di là di coloro che usano questi ultimi per avvalorare le prime, Napoli è oltre, Napoli è altro, Napul'è.


sabato 29 marzo 2014

Il caffè d'o Prufessore - Parte II

Come in ogni buona saga che si rispetti, anche quella Godina vs. Caffè napoletano ha avuto in queste ore alcuni interessanti sviluppi.

In primo luogo (non lo sospettavo), ho appreso che le tecniche di assaggio del caffè non sono molto diverse da quelle usate per il vino. Esistono precisi parametri organolettici da giudicare in maniera oggettiva. Soprattutto, le valutazioni non vanno fatte da un individuo solo, ma da un panel di assaggiatori in maniera indipendente. Le valutazioni individuali vanno poi messe a confronto e pesate, e a partire dalla media di questi punteggi, si trae la valutazione finale.

L'Istituto Internazionale Assaggiatori del Caffè ha, a tal proposito, diffuso una nota a commento del lavoro del dottor Godina, secondo la quale "Esiste un metodo scientifico per valutare la qualità del caffè ed è basato sull’analisi sensoriale. Quanto visto sinora a Napoli rientra più che altro nella critica enogastronomica, materia che non offre certezza del dato.".

 Dunque, secondo tale Istituto le osservazioni d'o Prufessore descrivono senz'altro il suo gusto individuale, ma non sono dissimili da quelle che voi o io potremmo fare entrando in dieci bar a caso nel corso di una mattinata. A proposito, ma tutti questi caffè in fila non influiscono sulle capacita' organolettiche di un individuo?

Le cose per il dottor Godina si complicano ulteriormente quando la SCAE, l'organizzazione internazionale con sede a Londra cui egli fa capo, lo smentisce pubblicamente per bocca del Direttore Generale David Veal, per il quale le sue valutazioni sono "strettamente personali e non rappresentative".

Di male in peggio, anche l'Universita' del Caffe', voluta dalla Illy, prende le distanze da Godina attraverso il direttore Moreno Faina: "Quanto fatto e dichiarato da Godina non è affatto corretto. Non è corretto perché le degustazioni vanno fatte sempre con un panel composto da un numero ampio e variegato di persone. La diversificazione ci permette di non andare incontro a controversie" in modo che "i fattori soggettivi influenzino singolarmente il giudizio finale". Ha inoltre soggiunto "Non riesco a capire come possa essere possibile che un esperto di caffè abbia assaggiato per la prima volta una tazzina a Napoli dopo anni e anni di studi. Trieste e Napoli sono senza dubbio due città rappresentative del caffè in Italia, ma lo sono perché offrono miscele e metodi di preparazione molto differenti."

In ultima analisi, mi pare di poter concludere che secondo i diversi esperti citati la passeggiata del dottor Godina e le sue valutazioni sono solo indicative del suo gusto personale, e non hanno alcuna valenza oggettiva. Dato che "de gustibus non disputandum est", va bene così.

O meglio, andrebbe bene così se non restasse un piccolissimo particolare. Il 7 aprile il dottor Godina, una rispettabilissima persona che ha effettuato delle valutazioni individuali, andrà in televisione a Report a dire che il caffè a Napoli sia pessimo. Abbiamo appena visto cosa pensano di tale valutazione gli istituti di riferimento del comparto del caffè.  

Trattandosi quindi di affermazioni destituite da ogni fondamento oggettivo, mi sento in dovere di raccomandare alla straordinaria giornalista investigativa Milena Gabanelli, e alla RAI, di non mettere in onda il servizio incriminato. Non vorrei che da questo eventuale atto partisse una richiesta di risarcimento in sede legale per diffamazione ai danni della stessa Gabanelli e della televisione nazionale. Anzi, a tutela della sua stessa onorabilità professionale e sicurezza patrimoniale, consiglierei allo stesso Prufessore di ritirare il servizio. 

Concludo con un altro proverbio: "Nun sputa' 'ncielo, ca 'nfaccia te torna.". Il caffè di Napoli, come tante cose di questa meravigliosa città, e' troppo in alto, e volendo citare il commissario Salvo Montalbano "bisogna cataminarsi con grannissima prudenza".

giovedì 27 marzo 2014

Il caffè d’o Prufessore


Non fraintendetemi, non sto facendo impropria pubblicità ad un noto locale napoletano.

‘O Prufessore è Andrej Godina da Trieste, dottore di ricerca in “Scienza, Tecnologia ed Economia nell’industria Del Caffè”, come si può evincere dalla sua tesi pubblicata sul sito dell’Università della sua città natale. Sicuramente si tratta quindi di una persona accademicamente preparata, che non solo è appassionata di caffè, ma che lo ha anche studiato ed ha fatto ricerca sullo stesso. Un Professore, per l’appunto.

Il Professore ha recentemente fatto scalpore, dato che insieme al suo team dell’Associazione Europea del Caffè ha fatto un giro in diverse città italiane, per degustare il caffè ivi preparato. A Napoli, la fama del cui caffè è di caratura mondiale, è andato al Gran Caffè Gambrinus, storico locale di Piazza Trieste e Trento. Dopo aver assaggiato, il giudizio del dottor Godina è stato perentorio. Come riferisce Bernardo Iovene del Corriere della Sera, il caffè preparato al Gambrinus è “rancido, legnoso e terroso”.

Oibò, grande scorno per l’orgoglio di Napoli, tanto più che i risultati dell’indagine del dottor Godina saranno, come lo stesso Corriere della Sera riferisce, presentati in un servizio della nota e prestigiosa trasmissione di giornalismo investigativo “Report”, in onda il 7 aprile prossimo. In un periodo in cui si parla tanto di Terra dei Fuochi, di acqua napoletana, non ci voleva proprio. Pare essere un ennesimo smacco per una città cui, in mezzo alle negatività he la caratterizzano, acqua, buon cibo e caffè sono sempre stati una bandiera.

Dato che però sono un curioso, ho voluto farmi un’idea più precisa di chi fosse il dottor Godina, la sua formazione, le sue convinzioni,  e in che ambiente queste ultime si siano formate.

La prima cosa interessante l’ho scoperta proprio leggendo la sua dotta e molto ben fatta tesi di dottorato. A pagina 2 c’è la dedica al fondatore del movimento dei Focolarini e a “Ernesto Illy scienziato ed imprenditore illuminato per l’apporto che ha dato al mondo della ricerca nell’ambito caffeicolo”. Ora, per chi non lo sapesse, Ernesto Illy era il figlio di Francesco Illy, fondatore della Illycaffé, che, come noto e come apprendiamo da Wikipedia, è “un'azienda specializzata nella produzione di caffè, con sede e stabilimento di produzione a Trieste, da dove viene seguito tutto l'iter del prodotto, dalla coltivazione alla preparazione nei bar.”.
Tutto normale. A chi vuoi che un dottorando di ricerca di Trieste dedichi la sua tesi sul caffè, se non ad un esponente della più nota famiglia di industriali del caffè della sua città? E’ un po’ come un dottorando di ricerca napoletano che dedica la sua tesi in Storia del Teatro a Eduardo De Filippo.

Appreso qualcosa riguardo i miti del dottor Godina, proseguiamo nel capire che cosa sia l’Associazione Europea del Caffè, in nome della quale egli ha dato il suo perentorio giudizio. Come apprendiamo dal sito dell’associazione (www.scae-italia.it) si tratta della branca italiana della Speciality Coffee Association of Europe. Scorrendo sul sito l’elenco dei soci, si verifica che la vasta maggioranza sono basati nel nord Italia, con grande rappresentanza dell’area di Trieste, di Pavia e Milano. Di soci meridionali, ad una rapida scorsa, se ne trovano quattro, due napoletani, uno salernitano e uno reggino.

E la SCAE internazionale? Dal sito www.scae.com si apprende che si tratta di un’associazione fondata nel 1998 a Londra (beh, è risaputo che il caffè inglese è eccellente). A gloria dell’Italia, sul sito (http://www.scae.com/history-of-organisation.html) viene anche riportato che nel primo Board of Directors furono eletti due italiani: Roberto Pregel, genovese, già export manager della Brasilia di Pavia e della Sistema Espresso Italiano di Pomezia; ed il fu Vincenzo Sandalj, imprenditore triestino del caffè. Lo stesso Vincenzo Sandalj è stato presidente internazionale della SCAE tra il 2003 e il 2004. Un altro triestino, Massimiliano (Max) Fabian è stato il presidente internazionale della SCAE tra il 2007 e il 2009.

Quest’ultimo è un profilo di primo livello all’interno dell’industria del caffè triestina, in quanto, come si apprende da suo curriculum vitae, è stato tra i promotori della nascita di Qualicaf, società Consortile a Responsabilità Limitata, i cui “scopi sono di rilanciare e promuovere il settore del caffè a Trieste, città forte di operatori di qualità in grado di offrire una gamma di servizi integrati unica nel suo genere.”. Nell’ambito di Qualicaf ha ricoperto diverse cariche asociative, tra cui quella di Presidente. Non solo, ma dal 1999 è anche Membro del Comitato esecutivo del Consorzio Garanzia Fidi della Piccola Industria di Trieste, e cioè un operatore economico cittadino che “Promuove lo sviluppo e il consolidamento delle piccole e medie imprese del settore, agevolando l'accesso di queste ultime al credito bancario a breve e medio termine.”.

In buona sostanza, sulla base delle cose che ho letto e che ho riportato qui, il dottor Godina, la SCAE italiana e la sua branca internazionale hanno tanta Trieste del caffè al loro interno. Sarebbe quindi secondo me opportuno che il dottor Godina, a tutela di quella che per me è un’indiscutibile, fino a prova contraria, sua serietà professionale, dichiarasse pubblicamente che le sue opinioni non sono in alcun modo condizionate dall’ambiente culturale, associativo e industriale entro il quale egli sembra muoversi.

In attesa di quanto sopra, vorrei concludere queste mie riflessioni con una frase, a mezzo tra una citazione di Luciano De Crescenzo e un proverbio napoletano: “Prufessò, permettete un pensiero poetico? Cà nisciuno è fesso.”


NOTA: L’articolo di cui sopra rappresenta unicamente le opinioni dell’Autore, sviluppate a partire dalle fonti consultate, e di seguito riportate. E’ autorizzata la diffusione libera di questo articolo unicamente in versione integrale, così come apparso sul blog di Ferdinando Scala su piattaforma Blogspot il 27 marzo 2014. Qualunque adattamento o estrapolazione sono espressamente proibiti. Copyright Ferdinando Scala, 27 marzo 2014.

Fonti consultate per l’articolo, per chi voglia approfondire:


Articolo del Corriere della Sera:

Pagina di Wikipedia dedicata alla Illycaffé


Profilo LinkedIn di Roberto Pregel

Curriculum vitae di Massimiliano Fabian
http://www.skolakavy.cz/UserFiles/File/scae/fabian_zivotopis.pdf

mercoledì 5 ottobre 2011

Italian Wikipedia and the boiled frog

There is an old tale in science, half a joke and half a truth, which talks about a frog.

If you take a frog and throw it into a can full of boiling water, the frog will jump out in a split second. But if you take the very same frog, put it into the very same can of water, cold this time, interesting things can happen. If you light a fire under the can, and rise up the water temperature in small and progressive steps, the frog will do nothing. Nothing at all, indeed, until the point the water is so hot that the frog is boiled.

The abovementioned example is paradigmatically used in order to explain that, given a closed system, the environmental conditions can be progressively altered for a good deal from baseline before the organisms inside realize that something dramatically changed.

Humans, as proud they can be about themselves, answer to the very same scheme. If you gradually alter the conditions in which a certain closed society (let's say a country) lives, you will get no reaction from the inhabitants. This is something that nazist, fascist and communist dictatorships have skillfully done; pieces of social network, solidariety and freedom have been gradually taken away, so that over a long period of time the environment was dramatically changed with no apparent reaction by citizens.

Indeed, there are some times when the frog jumps out even if conditions have been gradually changed. It usually happens when the frog is a smart one, some which maintains a focused attention on the surrounding environment.

A smart frog called Wikipedia jumped out of the water yesterday night, in Italy.

Wikipedia is the collaborative online encyclopedia, based on the principle of crowdsourcing, to which everybody can contribute. Wikipedia volunteers make an unpaid, obscure work, investing personal time and economic resources, in the view of a highest mission: no less than bringing the universal knowledge to the world.

They are what once were called "responsible citizens", people more concerned about the others' well-being than about the money to take home; people who believe that the construction of a better world passes through culture's diffusion; people who believe that shared culture can change the world, since only by learning new ideas and different interpretations of the reality, clashes among nations can be avoided.

In Italy, a law called "DDL intercettazioni” (or Wiretapping Bill) is currently on discussion at the Chamber of Deputies. Its aim is limiting the possibility for the police forces to put under control private telephones for pursuing wrongdoers; so as limiting the possibility that these conversations are published in the media, even if they are regarding penally relevant circumstances. I will not discuss the other parts of the law, but what made the frog to jump out was the Article 29. It gives the possibility to any person which feels to be misrepresented on a web page, to imperatively ask the editor of that page to publish a counter-information within 24 hours, with deep consequences if not compliant. Notably enough, this process can be activated on simple request of the "offended", without the fact is judged by a magistrate.

This kind of law could be the end of all the collaborative websites, and all the free-speech forums in Italy, including this blog. It is true and unquestionable that an unfairly offended person has the right to defend his own reputation, but for this is already available a specific law which protects the honorability of each Italian citizen. Naturally, it is necessary to discuss the case in a court, as it happens in all the democratic countries of the world.

The Wikipedia Italy users felt their freedom menaced, and took a resounding decision: the Italian pages of Wikipedia have been obscured, and a open letter to Wikipedia users has been placed on the homepage. In the letter, the Wikipedia community explains the reason for the decision, and that it is a sign of protest against the abovementioned Article 29.


The Wikipedia Italia homepage, with the message to readers


The Wikimedia Foundation (WMF), within hours from the start of the protest, gave its support (http://blog.wikimedia.org/2011/10/04/regarding-recent-events-on-italian-wikipedia/); Serbian, German, Spanish, Portuguese, Swedish and many other WMF local chapters all over the world gave their solidarity to Italian Wikipedians.

On Facebook, the protest mounted at a even higher growth rate. One of the most followed ( "Rivogliamo Wikipedia - Give us back Wikipedia" https://www.facebook.com/#!/pages/Rivogliamo-Wikipedia-No-alla-legge-bavaglio/185745561500946) has 219.648 followers in the minutes I'm writing these lines; it was open less than 24 hours ago, and it grows at the rhythm of 1.000 new followers per minute.

The echo of protest also hit the traditional media with the power of a sandstorm. Many major newspapers, prominent radios and televisions, like Radio24 and SkyTG24 voiced the protest and made the message resounding.

It is still undisclosed when and if the Italian Wikipedia will be put online again, but one thing is acclared: the frog is out of the water.

martedì 30 agosto 2011

La mossa del somaro

Normalmente non parlo di politica, ma in questo caso farò un'eccezione.

Vorrei che ci si fermasse un attimo a riflettere su dove sta andando l'Italia, il mio amato Paese, cui ho giurato fedeltà volontariamente a 16 anni come allievo della Scuola Militare Nunziatella di Napoli.

Viviamo tempi complicati, in cui quelli della mia generazione, nati tra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70, mai avrebbero pensato di dover vivere. Siamo nati in famiglie dove spesso lavorava solo il papà, e dove la mamma stava a casa a badare ai bambini. Siamo cresciuti in un mondo dove i papà avevano il tempo di tornare a casa e passare del tempo con noi, riguardarci i compiti, strigliarci se ne avevamo bisogno. Si andava al mare con le 500 e le 850, col portabagagli stracarico sul tetto. Erano tempi in cui ci si poteva permettere di stare un mese fuori senza svenarsi o fare debiti, si andava a pesca di polpi col papà, e si poteva portarli orgogliosamente alla mamma perché li cucinasse.

Ci è stato insegnato, a me per primo, a credere che la maggior parte delle persone fosse fondamentalmente buona ed onesta; che a parte qualche endemica minoranza di furbi e di delinquenti si facesse tutti più o meno il proprio dovere.

Personalmente, ho sempre creduto in qualcosa di ancora più profondo.

Io sono uno di quegli sciocchi che fanno della triade "Dio, Patria e Famiglia", la propria filosofia di vita. Noi sciocchi crediamo in Dio senza necessariamente essere parte attiva di una confessione religiosa, dato che ci appare evidente dalla meravigliosa complessità del mondo che quest'ultimo non può essere frutto del caso. Crediamo nella Patria perché ci sentiamo parte di una comunità che non è solo quella strettamente familiare o sociale, ma che abbraccia l'intera nazione, il suo passato, la sua storia gloriosa. Crediamo nella Famiglia perché siamo profondamente convinti della verità dell'aforisma "Unus homo, nullus homo", e perché la nostra speranza e realizzazione come esseri umani risiede nel guardare i nostri figli negli occhi senza vergogna e vederli sorridere.

Siamo i bravi ragazzi, quelli che si alzano di mattina, si fanno il segno della croce oppure no, danno un bacio alla moglie e ai propri bambini, e partono a testa bassa per una nuova giornata di lavoro. Per noi il lavoro non è solo un modo di fare soldi o acquisire potere per poi vantarsi dell'uno o dell'altro. E' invece un modo di contribuire alla crescita della nostra comunità, di portare il nostro mattoncino alla creazione di un Paese sempre più bello e forte.

Siamo gli stupidi, quelli che pagano le tasse fino all'ultimo centesimo, quelli che hanno magari sacrificato la propria giovinezza per laurearsi. Lo facciamo perché a casa ci hanno insegnato, con l'esempio, che è cosa doverosa essere onesti; e perché crediamo che impegnandosi seriamente, e non con le furberie, si possa prendere onorevolmente l'ascensore sociale di cui tutti parlano.

I tipi come noi sono il nerbo del Paese, senza il quale l'intero sistema si affloscia. Siamo tanto forti e cocciuti da essere persino capaci di tenere sulle nostre spalle un numero accettabile di furbi, quelli che pensano che siamo solo degli stupidi idioti, senza la spina dorsale necessaria ad emergere, a fare i soldi veri, ad avere il vero potere.

Quello che i furbi non comprendono è che i bravi ragazzi hanno un unico, fondamentale difetto: sono molto resistenti, ma poco resilienti.

Viene un tempo in cui i bravi ragazzi si stancano, perché tutto possono sopportare, tranne essere presi in giro e defraudati delle cose che si sono guadagnati con il proprio impegno e sudore.

Nele ultime ore il Governo Italiano ha varato una manovra dove si prendono ancora una volta in giro i bravi ragazzi. Di più, li si umilia, al grido di "Noi siamo noi, e voi nun siete un...", tanto caro al Marchese del Grillo.
Improvvisamente, l'aver fatto l'università, avere passato un anno o più al servizio della Patria come soldati non vale più nulla.

Non voglio discutere l'opportunità economica di quanto si sta facendo. Voglio solo dire che i bravi ragazzi, quelli che sono entrati nel mondo del lavoro a 28-30 anni perché hanno studiato; che non si sono imboscati per non fare l'anno di leva; si sentono in questo momento dire implicitamente "Non rispetto i miei impegni con te, perché so che non ti ribellerai. Mi permetto di cancellare i tuoi sacrifici perché ho interesse a che l'elettorato leghista, che è andato presto a lavorare, non si incavoli e Bossi non faccia cadere il Governo, che è l'unica cosa che mi interessa. Non rispetto i miei impegni con te, anche se mi è chiaro che se sei andato a lavorare a 30 anni e non puoi riscattare nulla, molto difficilmente raggiungerai gli anni di contributi necessari ad andare in pensione, perché non è credibile che un'azienda non statale ti tenga a lavorare fino ai 65.", e qualcosa gli si rompe dentro.

Secondo il mio modesto parere, quello di cui sopra è un provvedimento che apre la porta alla jungla, in cui nessuno si fida più di nessuno. Credo personalmente che tentando di fare la mossa del cavallo per superare gli ostacoli economici di questa crisi, il Governo abbia fatto la mossa del somaro.

Dato che ci tengo al mio Paese e credo che il suo progresso passi dal rispetto delle regole, dei patti intergenerazionali e dei diritti acquisiti con il lavoro e l'impegno, e non con le furberie, ho una cosa semplice da dire.

I bravi ragazzi, nel loro piccolo, prima o poi si incazzano seriamente.

sabato 20 agosto 2011

The long death of Villa d'Elboeuf (1711-2011)


There are some moments in life when you decide that when it’s enough, it’s enough, and for me that moment was last August 10, 2011.

It was one of those clear days that only the Naples’ sky can donate to his happy few: soft wind, scorching light, clear air. In a nutshell, a bandit day for any photographer. As a Wikipedia passionate, and blessed by the fact that this year I spend my holidays at home, I left for a photo trip around the many historical beauties of my land.

There is a place in Portici, the small town on the Vesuvius’ feet where I was born, which is a small concentrate of history, as glorious as neglected. It is the “Granatello” port, where in the space of some hundred meters the glory of the town is concentrated.

The Granatello port, with the ancient railroad station (right) and Villa d'Elboeuf (left). On the background, the Vesuvius.


The Granatello was the place where Charles of Bourbon, King of the Two Sicilies and successively King of Spain, was forced to refuge on 1737 with his ship, because of a sea storm. Enchanted by the beauty of the surroundings, Charles decided to make of the place his summer residence, and ordered to build a sumptuous Royal Palace on the gentle slopes upwards to Granatello. The Palace was conceived and built between 1737 and 1742 under the supervision of some of the most famous architects of the time, like Giovanni Antonio Medrano, Antonio Canevari, Luigi Vanvitelli and Ferdinando Fuga.

This event is also the root of the flourishing of the area as a royal place. Following the King’s choice, all of the most important noble families of the Kingdom built summer residences along the street bringing to the Royal Palace. The result was a long theory of sumptuous buildings, whose splendor was such that the street was nicknamed the “Miglio d’Oro” (the Golden Mile). On 1971, 110 years after the fall of the Kingdom of the Two Sicilies, the Miglio d’Oro’s villas were acknowledged as a cultural heritage by the Republic of Italy (Law July 19, 1971, n° 571), and successively identified as a part of the Human Heritage List of UNESCO.

In addition to the events which led to the formation of the Miglio d’Oro, the Granatello area also has deep roots in history because of another landmark event. On October 3, 1839, Ferdinando II of the Two Sicilies, grand-nephew of Charles of Bourbon, inaugurated the first Italian railroad, the Naples-Portici line, whose terminal station was the Granatello. Longly considerated by historians only a mean of rapidly connecting the two royal sites, the railroad was indeed the first step of an extensive train transportation plan, which led the line to move toward Castellammare di Stabia (famous place where Plinius the Elder died during the Vesuvius 79 a.C. eruption; on the XIX century it was the place were the commercial and military ships were built); Nola (hometown of the famous philosopher Giordano Bruno) and Caserta (where the world-famous Royal Palace was built). Before reaching its final station in Granatello, the ancient railroad flanks Villa d'Elboeuf.

Villa d’Elboeuf is probably the most precious pearl in the Miglio d’Oro string, and for sure it is the most ancient example of nobiliar villa in the area. Built on 1711 for Emanuel Maurice of Lorraine, Duke of Elboeuf, it was conceived by the famous architect Ferdinando Sanfelice. The Duke of Elboeuf was the initiator of the systematic diggings of the ancient Herculaneum town, destroyed by Vesuvius on 79 a.C.. They started after 1710, when a casual perforation made for digging a well, brought some marble ornaments to light. The Villa rapidly became the first place where the archeological findings were stored, thus acquiring a place in the history of archeological sciences. It was successively sold by the Duke of Elboeuf to Charles of Bourbon on 1742, when, after the completion of the Royal Palace, he made of the Villa his pied-a-terre on the sea. The two buildings thus became the poles of attraction for all the visitors of the Herculaneum diggings, since, in addition to the Duke of Elboeuf’s collection, Charles of Bourbon started to transfer in the Royal Palace copious amounts of archeological findings.

With such a glorious past, rooted in 300 years of history, Villa d’Elboeuf should have to be regarded as a precious treasure and protected by the injury of time.

Sadly, this is not the case.

The internal street of the Villa, invaded by wild vegetation

When I visited it on August, 10, the door of access to the ancient garden was open and unguarded. Once inside, a thick stratum of invasive vegetation flanked the two sides of the cobblestone-covered internal street, where once Charles of Bourbon used to step out of his coach. The glorious twin honor stairs, built of lava stone, which from the garden bring to the upper floor, are standing just because of their strength, but the marble railings on which the Two Sicilies’ nobility posed their hands for helping the rise, are long gone.
The façade of the villa is showing few of the original shutters, while all the other windows are open to any winds like breathless mouths asking for help.

One of the monumental stairs bringing to the Villa's upper floors
Over the refined decorations designed by Ferdinando Fuga for making the monumental façade lighter, the sprays of the new Vandals have mindlessly designed their stupid tags, graphic expression of idiot minds.

The vandalized decorations of the external façade

Once entered, the situation is even worse.

One of the decorated doors, vandalized

The Capodimonte’s majolica pavement emerges in its splendor only in brief tracts, where the thickness of dirt barely leaves a space. The internal honor’s stairs are partially collapsed, and the artistic railings are gone. Where once the Two Sicilies’ gentlemen courted their ladies, by kindly kissing their hands in a long-gone cavalry gesture, there is a ruin difficult to imagine. The long corridors are full of dirt, broken bricks, collapsed boards. In some places, the wooden ceiling shows the evident signs of a fire. For I have two small children, I had not the courage to test the resistance of the honor’s stairs, but I finally found the service ones, which brought me on the second floor, out of five in total. Nothing changed, more ruin, more squalor, open windows over the sea, which during the winter have to bring inside cold wind and water.

The honour's stair

I stepped back on the first floor, trying to imagine how this old jewel should have to be in its glory days. I found the answer looking down on the pavement, where a single broken majolica stayed on top of a rubbish pile. It was marvelous, an unimaginable design of blue on blue, that kind of thing that only artisans born and lived under a glorious blue sky can imagine and paint. I thought of the glory this little piece of history testified, the Mozart’s and Paisiello’s melodies rolling over its surface, while gentle steps described the delicate designs of long-gone dances. Heart sinking, tears in my eyes, for a moment I considered to take it away, to salvage it from the mindlessness of centuries and men. But I could not, I would only have been another Vandal, another thief, even if full of good intentions.

A view of the first floor


Instead, I made photos, tens of them, in order to make to see everybody which doesn’t want to see. I wrote this, trying to make into these lines all the love and rage and sorrow I feel. Leaving alone Villa d’Elboeuf is like abandoning an old lady in the middle of a street. It is something that no decent person, whose parents provided with a heart and an education, would ever do. I don’t want to. I’ll write and scream until this is amended.

General view from the sea


In this Italy which is carelessly celebrating its 150 years, there is a 300 years noblewoman which is gently and faintly asking for help.

Happy birthday, Villa d’Elboeuf, I love you.

BREAKING NEWS: Just seconds after having shared this post of facebook, a friend sent me a news from an important local newspaper, telling that yesterday a new fire plagued Villa d'Elboeuf. The link to the article (in Italian) is: http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/cronaca/2011/19-agosto-2011/fiamme-villa-d-elboeuf-torna-allarme-le-dimore-vesuviane-miglio-d-oro-1901322390358.shtml#boxcommenta

IF YOU WANT TO HELP: Villa d’Elboeuf's property is fractioned among different owners. The most important of them is a company which has been declared insolvent. As a consequence, the Villa should have to be sold in order to repay the debts. A first tender (8 millions of euro have been asked to acquire the building) has gone deserted. On 2008, 2009, 2010, three fires have consummated parts of the wooden structures, thus undermining the Villa’s stability. Local authorities think that there is a criminal design aimed to compromise the Villa and then use that valuable space for property speculation. If you want to show you care for Villa d’Elboeuf and want to help its recovery, please send a mail to the Portici’s Mayor Vincenzo Cuomo (sindaco@comune.portici.na.it) with the object “Salvate Villa d’Elboeuf (Save Villa d’Elboeuf)”.

venerdì 22 luglio 2011

Lenovo Unboxed: ThinkPad Tablet

The apparently endless flow of new tablets knows no end, and new actors constantly hit the market with dedicated devices. In my opinion, most of the me-too tablets which appeared after the iPad launch are only a pale imitation of the groundbreaking Apple device, each plagued by a different problem. Some are evidently built out of cheap materials and offer no guarantee about their long-term use reliability and resistence; other have displays which are scarcely useful either as work companions, or ebook readers.

This is the first time I see something which could possibly undermine a part of the Apple's undisputed dominance of the tablets market. ThinkPad Tablet, whose launch will happen in Europe next september, has many interesting characteristics.



First, it comes as an integrated device into a normal laptop case. One of the main tablets' limitations is the fact that, despite you can easily learn to type on screen without the help of a physical keyboard, this is highly desirable for the users which don't want to get any compromise.

Second, as it is very apparent in the video, it bears a Gorilla Glass which can save your screen by being vandalized by children (as a concerned father of two, I'm very sensible about the issue) or accidentally broken or signed during the use.

Third, and it is where in my opinion most of the value comes up, in addition to the usual wireless connectivity, it comes with USB and SD card slots. What a huge improvement vs. iPad it is, can be immediately apparent. No more need to import all your music on Apple Store and then dowload it on the tablet; no more need of having your ebooks, previously downloaded from Google books or any other source, to follow the same route; etc., etc. etc. As an early Amazon user and reviewer, I distinctly can remember a comment to the lacking of a USB port on the Kindle II; despite I thought it was a really good product to buy and use as an ebook reader, this only limitation prevented me to do so.

As it comes, this tablet promises to be very useful for professional users, especially the ones which spend their life in jumping from an airport to another (and even this is personal experience); and the students of all grades, which can find an useful companion for their daily duties at home or in movement.

Said this, there are two points of concern.

First, I still have no grasp about its weight in the tablet configuration, and in the laptop one. This is very important for both of the main users' categories I individuated as main potential users. An excessive weight could seriously undermine its portability and usefulness.

Second, I wait to precisely know the exact software configuration that it comes with the tablet. The announced price of € 459 in Europe is aligned with other competitors, so the real value-for-money rate has to be verified.